giovedì 26 febbraio 2009

Architettura e Potere























Forse è il caso di andarci...

Genova, 5 marzo 2009 ore 17
Ordine degli Architetti PPC di Genova_piazza San Matteo 18

una conversazione con
Giorgio Parodi, Presidente Ordine PPC Genova
Enrico Arosio, giornalista, L'Espresso
Stefano Boeri, architetto e direttore di Abitare
Giovanni Caudo, urbanista, Facoltà di Architettura RomaTre
Massimo Ilardi, sociologo urbano, Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno
Tommaso Principi, Paolo Brescia_architetti/Open Building Research
Fabrizio Violante, critico cinematografico/Archphoto.it

modera Emanuele Piccardo, architetto e curatore Archphoto.it

“L’architetto è stato sempre intimamente legato al suo contesto sociale. Egli è uno degli strumenti umani posti al servizio del potere dominante, ha il mandato di consolidare le posizioni. L’architettura, oltre ad assolvere ad una sua diretta funzione, ha sempre avuto il compito di mantenere il potere … L’architettura non è un fatto autonomo, come certe prime donne del disegno ci vogliono far credere; l’architettura nasce e si forma nel grembo della società, è il prodotto di una età specifica, di un epoca definita.”
(Hannes Meyer)
L'architettura da sempre si relaziona con il Potere, essa stessa è la rappresentazione fisica del potere politico, economico e culturale del pubblico e del privato. La politica ha condizionato la costruzione e l’espansione delle città, individuando nell’architettura uno strumento di propaganda ideologica. Oggi, con la scomparsa dell’ideologia, la politica ha abbandonato il governo delle città delegando al mercato la regia delle trasformazioni urbane. D’altronde gli stessi architetti hanno contribuito ad alimentare questo appiattimento sulle regole del mercato, in cui il profitto occupa il primo posto, annientando quelle finalità sociali che l’architettura ha invece nel suo dna. Il permanere dell’intreccio tra affari-politica-architettura fa sì che si confonda il risultato del progetto, inteso come sintesi di un processo, con il manufatto edilizio costruito dai più spregiudicati immobiliaristi che producono la non città. Quale contributo può fornire l’architetto nel definire l’idea di città? Gli ultimi anni hanno evidenziato una doppia crisi: in primis, quella urbanistica ossia l’incapacità di regolamentare l’uso del territorio attraverso una normativa che limiti l’espansione incontrollata generatrice del fenomeno della città diffusa. La seconda causa va ricercata nella debolezza dell’architetto nei confronti del committente in termini di incidenza sulla qualità formale e costruttiva delle opere realizzate. L’assenza di una visione a largo raggio, al di là delle scadenze elettorali, pone la politica in una condizione di mediocrità culturale a cui l’architetto, con i suoi strumenti, deve sopperire. E’ il caso dell’Affresco che Renzo Piano regala alla sua città, Genova, dove immagina lo sviluppo urbano tra un decennio e oltre, ipotizzando uno scenario futuro. Recentemente, dopo l'ondata giustizialista di Tangentopoli, abbiamo assistito ad un ulteriore degrado etico e morale della professione dell'architetto, figura sempre più portavoce di un potere imprenditoriale che non produce, così come ci viene proposto, nessun valore aggiunto per la nostra società. Occorre che il mondo dell'architettura, intellettuale e professionale, faccia autocritica per aver sostenuto e difeso modalità del fare architettura prive di ogni etica che hanno determinato l'assenza dell'opera architettonica. E' ormai prassi consolidata tra i progettisti formare cordate con gli imprenditori per assaltare e conquistare porzioni di territorio sempre maggiori, senza un progetto politico che sappia orientare e condizionare le scelte immobiliari. A nessuno degli immobiliaristi italiani ne tanto meno ai politici, interessa l'architettura, anzi usano gli architetti, il cui difetto è vendersi al miglior offerente, per mascherare operazioni speculative attraverso un disegno accattivante e trendy di mere speculazioni edilizie. La questione etica non va sottovalutata e l'architettura, in cui noi viviamo quotidianamente, non può essere rappresentata da corruttori e corrotti, in quanto la sua caratteristica intrinseca è migliorare le nostre condizioni di vita. Sbaglia chi, tra gli architetti e sono molti, considera la questione etica solo un problema di stile o un'appartenenza ideologica al giustizialismo. L'etica e la trasparenza di coloro che amministrano una comunità devono costituire una base per rifondare la società contemporanea, certo i malesseri che attraversano i territori della politica non indicano una soluzione rapida.

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