martedì 31 marzo 2009

Rassegna Stampa

Il Secolo XIX, 31 Marzo 2009

venerdì 27 marzo 2009

Sentinella, a che punto è la notte?




















- La notte, udite, sta per finire,
ma il giorno ancora non è arrivato
sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato.
Ma io veglio sempre, perciò insistete,
voi lo potete: ridomandate!
Tornate ancora se lo volete, non vi stancate!
Cadranno i secoli, gli dèi e le dee,
cadranno torri, cadranno regni
e resteranno di uomini e idee polvere e segni.
Ma ora capisco il mio non capire,
che una risposta non ci sarà
che la risposta sull'avvenire
è in una voce che chiederà:
- Shomér ma mi-llailah?
Shomér ma mi-lell?
Shomér ma mi-llailah, ma mi-lell?

Isaia (capitolo 21, versetti 11 e 12)

lunedì 23 marzo 2009

Rassegna Stampa

Corriere Mercantile - 21/03/2009

domenica 22 marzo 2009

A volte gli opposti si attraggono


Non so bene perchè ho fatto questa foto. Diciamo che trovavo molto suggestivo l'abbinamento sullo stesso portone, nello stesso momento di due messaggi così diversi. Poi ognuno ci vede quello che vuole. Io ci vedo un po' di schizofrenia edilizia.

Paolo V.

sabato 21 marzo 2009

Rassegna Stampa

Corriere Mercantile - 18/03/2009

Il Secolo XIX, 18/03/09


Il Giornale, 18/03/09

Il progetto che vorrei…

Mi rendo perfettamente conto che nella zona dove abito, vicino all’ ex rimessa AMT di Boccadasse, esiste una complessiva disomogeneità tra gli edifici presenti.

Le date in cui sono stati costruiti gli edifici in via Beretta sono diverse rispetto a quelle degli edifici di via Boccadasse e di via A. da Brescia e quindi le case, i condomini hanno valori architettonici visibilmente differenti. Aggiungo anche che guardando il mare e volgendo lo sguardo a sinistra si vedono antichi alberi che circondano le belle ville di via al Capo di S. Chiara.

Nonostante ciò, mi ostino a desiderare un’uniformità che non crei interferenze con le visuali panoramiche e che non alteri il paesaggio nel suo complesso, ricerco l’obiettivo di poter veder realizzati edifici di dimensioni e tipologia compatibili con quelli circostanti.

Il progetto che vorrei parla di condomini, case a forma di cubo, parallelepipedo…forme geometriche varie… edifici, insomma, sicuramente di limitata elevazione e limitati ingombri per ridurre al minimo gli impatti visivi dagli edifici circostanti.

E inoltre, sempre per raggiungere l’obiettivo di compatibilità con le tipologie e dimensioni degli edifici circostanti, il progetto che vorrei utilizza materiali di uso locale e gli intonaci, le coloriture sono moderni ma integrati con il preesistente.

A questo punto, certa dell’esistenza del progetto che vorrei, potrebbe iniziare la discussione sulla presenza e utilizzo del “verde” e poi sui parcheggi e poi sui portici e via via….

a presto

Antonietta Sciutto

venerdì 20 marzo 2009

Comunicato

Lunedì 16 Marzo 2009 si è svolta l’Assemblea Pubblica promossa dal ns. Comitato Uniti per Boccadasse sulla riqualificazione dell’area ex rimessa AMT di Boccadasse.

Dopo aver esaminato il progetto preliminare presentato dall’Arch. Botta, abbiamo cercato di individuare una linea comune che fosse espressione della volontà del Quartiere. Nel farlo abbiamo colto l’opportunità offerta dalle Istituzioni di poter partecipare in modo costruttivo ad un importante atto della vita democratica cittadina e di questo ne siamo grati. E’ in questa logica che le istanze uscite dall’Assemblea dovranno costituire le basi del confronto nell’ambito della Città Partecipata.

Prima fra tutte, è emersa prepotentemente la volontà unanime di chiedere il supporto delle istituzioni affinché il ns. quartiere non debba subire tale tipologia d’intervento. Non vogliamo mettere in discussione le capacità dell’Arch. Botta, ma dubitiamo fortemente che lo stesso conosca la realtà del ns. quartiere: proteso verso il mare e non rinchiuso in se stesso.

Il ns. quartiere non è degradato, non ha bisogno di tali spazi di aggregazione: noi abbiamo già la spiaggia di Boccadasse che è e rimarrà per sempre il ns. luogo d'incontro, è un quartiere dove la gente vive da anni se non vi è addirittura nata. Certamente lo stile delle costruzioni rispecchia il loro anno di nascita ma questo non vuole significare “degrado” che è ben altra cosa.

L’attuale proposta è forse necessaria per zone dove il degrado urbano e civile è forte. Esempi di questo genere non sono una novità quindi non è un intervento nuovo e futuribile bensì ormai obsoleto e “vecchio” che non trova alcuna valida motivazione né architettonica né sociale per essere utilizzato nel quartiere di Boccadasse.

La tipologia d’impianto/intervento proposta dall’Arch. Botta, ribadiamo, risulta essere estremamente chiusa in sé stessa molto simile a quella dell’ex-rimessa che per anni ed anni abbiamo dovuto “sopportare”. Temiamo che il suo attraversamento, previsto con percorsi pedonali, unici elementi che la mettono in relazione con l’esterno, possa avere ripercussione sulla sicurezza urbana così come lo spazio pubblico attrezzato a verde posto all’interno. Oggi tutti gli studi in tema di sicurezza urbana , molti dei quali già recepiti da alcuni Comuni Italiani, prevedono spazi verdi e/o aperti al pubblico, non chiusi all’interno, bensì visibili, aperti ed affacciati su strade.

L’attuale progetto ci appare come un fortino, chiuso dentro il tessuto urbano di un quartiere che, pur con un’architettura eterogenea, appare solare e aperto.

Non di riqualificazione, quindi, dobbiamo parlare, ma di un impianto anonimo proponibile in un qualsiasi quartiere di una qualsiasi città, di un qualsiasi Paese .

Le due torri o tre torri, inoltre, poco hanno a che fare con le caratteristiche liguri, la stessa tipologia è stata proposta dall’Arch. Botta in realtà ben lontane da noi per non parlare della loro “mole” tozza ed imponente che sovrasta tutti gli edifici circostanti.

Nel corso della nostra Assemblea Pubblica sono state ribadite tutte le perplessità già manifestate in altre precedenti occasioni di dialogo ( altezze, utilizzo del mattone per i rivestimenti esterni, parcheggi, viabilità, ecc.), ma sono tutte subordinate alla revisione della tipologia d’impianto.
Abbiamo ritenuto doveroso presentare alle Autorità Competenti la volontà del quartiere ben consci che il percorso della Città Partecipata, riferito ad area privata, è un’esperienza nuova e quindi particolarmente insidiosa.

Per questo motivo, nel rinnovare la nostra disponibilità a partecipare fattivamente e perché questa nuova esperienza di apertura alla città raggiunga i fini auspicati , sollecitiamo le Istituzioni affinché, accanto a noi e rispettando gli interessi legittimi del privato, proprietario dell’area, invitino il progettista a trovare un’altra soluzione per realizzare un’opera rispettosa della nostra identità.

Noi non urliamo, non utilizziamo slogan demagogici, vogliamo dialogare, cercare di convincere, collaborare.

Sta ora alle Istituzioni accettare o meno la nostra partecipazione.


I promotori del Comitato
Uniti per Boccadasse

giovedì 19 marzo 2009

E sarebbe bello...


Gent.li Promotori del Comitato,

dopo aver partecipato all'assemblea di lunedì 16 marzo di cui danno conto i quotidiani di stamattina, mi é caro sottoporVi il post che segue in segno di condivisione di intenti.

Una straordinaria e trasversale partecipazione di boccadassini, almeno a giudicare dal numero di presenze e dall’appassionato coinvolgimento dei convenuti all’assemblea di lunedì sera 16 marzo nei locali della Parrocchia del Santo di Padova: se il teutonico progetto dell’arch. Mario Botta venisse sottoposto a referendum non solo tra i residenti, ma anche tra tutti coloro che hanno a cuore le sorti del borgo marinaro, l’esito sarebbe scontato. Una grandinata di bocciature non solo per l’architettura tipo militare ( Forte Sperone apparirebbe più snello ! ) ma anche per la smania edil-speculativa di qualche amministratore prodigo di concessioni solo a favore degli adepti al cosiddetto “partito del mattone”. E’ davvero singolare, infatti, che nonostante quarant’anni di inarrestabile declino della popolazione della città continuiamo ad assistere impotenti a forsennate edificazioni il cui reale scopo pare essere quello di racimolare qualche soldo per tamponare le gestioni spregiudicate di società pubbliche dotate di appetiti molto privati; è indubitabile che la nostra civica amministrazione abbia proceduto disinvoltamente alla svendita del patrimonio immobiliare causando un danno all’erario di svariati milioni sul quale la magistratura sta indagando ma, soprattutto, deprimendo gli interessi e le aspettative legittime di coloro che a Boccadasse ci vivono e lavorano. Quindi, a chi giova la discutibile operazione urbanistica ? Sicuramente agli investitori della cooperativa acquirente i quali si vedono così moltiplicare in un balzo l’investimento a dispetto del decoro e dell’amenità del secolare borgo marinaro che nel tempo, oltre che luogo di risonanza sconfinata, ha assunto il rango di luogo dello spirito. Prima che l’ex rimessa di autobus venga abbandonata al suo destino come è capitato, ad esempio, all’area che prospetta lo Champagnat, trasformata dopo tanti anni di indecorosa e miserevole fatiscenza in un assai discutibile edificio con hard discount incorporato oppure allo spiazzo oggi occupato dalla stazione di carburante con gli inestetici garage sottostanti, propongo, previo un congruo ridimensionamento dei volumi previsti nello sgangherato progetto dell’architetto svizzero, di adibire non più della metà degli spazi che verranno realizzati ad edilizia residenziale e nella restante quota di trasferire la sede del negletto IIT – Istituto Italiano di Tecnologia, ad oggi relegato in un anonimo stabile di Morego, o, quanto meno, di realizzare un centro culturale a favore dei genovesi, magari sul modello del centro culturale G. Pompidou di Parigi che guarda caso è stato progettato proprio da un assai promettente poco più che trentenne architetto genovese. Si potrebbero così compensare le attese di rendita del privato acquisitore con la prospettiva, decisamente più nobile, di realizzare un nuovo e vitale centro di aggregazione ed incontro per scienziati, studiosi, curiosi cittadini legati solo da un unico ma indissolubile filo: una grande passione per Boccadasse.



Paolo Cornacchia

martedì 17 marzo 2009

Ieri sera...

La fortezza di Boccadasse


Il titolo del mio messaggio sintetizza il mio sentimento sul progetto attuale: qualcosa di avulso dal quartiere e chiuso in sé. Un "isolato", nel senso letterale del termine. Forse esagero, ma mi ricorda la Fortezza Bastiani del Deserto dei Tartari, anche se sembra non ci sarà il cartello Zona militare - Limite invalicabile
Ho sentito esprimere dagli abitanti limitrofi perplessità sulla "corte" interna, sui portici, sulla scuola e sui locali commerciali e pubblici.
Che senso avrebbe una "corte" interna relativamente ampia ed aiuole esterne esigue o assenti, se non conforme all'idea di qualcosa ad uso elettivo degli abitanti del Forte, stanziali o meno ?
D'altra parte ho ricevuto da Ottonello risposte molto evasive (si è trincerato sull'"incompetenza tecnica", ma non mi ha convinto) sui volumi edificabili.
Mi si è quindi rafforzato il dubbio che già avevo: sui volumi si sta giocando; e mi spiego.
Dopo notevole fatica mi sembra di avere capito che il complesso sarà caratterizzato, per impegno preso con gli acquirenti dell'area, da 9000 mq. (metri quadrati) abitabili. Poiché un appartamento è alto circa 3 ml. (metri lineari) si tratterebbe di circa 27.000 mc. (metri cubi). Temo che questo sia l'unico dato fisso. Temo che a questi volumi si aggiungano via via fuori quota (cioè, diciamocelo, "di straforo") portici, scuola ed eventuali locali pubblici. Speriamo poi che non si aggiungano anche i locali commerciali in sovrappiù. Sicuramente anche posteggi sotterranei, che sarebbe il minore dei mali.
E allora la madre di tutte le domande, alla quale dobbiamo ottenere rigorosa risposta, è la n. 4: Quanto è esattamente la volumetria dell'edificato, fuori terra, tutto compreso, con appartamenti, locali pubblici e locali commerciali. In che rapporto sta questo numero con quello previsto dal Piano Regolatore vigente, che deve prevedere sia i volumi abitativi, sia quelli commerciali, sia quelli per i servizi? I metri cubi abitativi saranno difficilmente modificabili; così dovrebbe essere per i volumi commerciali. Ma il Comune potrebbe chiedere "fuori quota" durante lo sviluppo progettuale, aggiunte per servizi. Se l'unico dato pubblico sono i 9.000 mq. di appartamenti previsti questi potranno essere rispettati pur gonfiando i mc. totali.
Purtroppo non potrò partecipare all'assemblea pubblica di lunedì 16 marzo nella sala parrocchiale; ma se queste perplessità sono condivise qualcuno le potrà certamente esprimere e discutere.
Cordiali saluti,
Mauro Silingardi

domenica 15 marzo 2009

Lettera aperta agli Abitanti del quartiere di Boccadasse

Care Amiche e Cari Amici,

a fine marzo saremo nuovamente chiamati dalle Istituzioni a partecipare all’Assemblea Pubblica per la riqualificazione dell’Area AMT di Boccadasse: non facciamo sì che i mass media ci cataloghino di nuovo come Condomini di una mega assemblea condominiale.

Cominciamo un cammino insieme.

Il Comitato Uniti per Boccadasse è stato costituito per Voi, nasce per Voi e deve lavorare con Voi. Per questo, per poter agire nel modo più efficace, chiediamo la Vs. cortese gradita collaborazione. Vogliamo trasmettervi le conoscenze sui margini di manovra praticabili, acquisite dalla costituzione del Comitato.

Per questo abbiamo organizzato una nostra Assemblea dove saremo liberi di parlare tra di noi, confrontarci con un dialogo più meditato, utile e costruttivo e soprattutto coordinarci su una strategia comune .

E’ solo con un programma condiviso e libero da “campanilismi” che forse riusciremo a mettere in atto azioni concrete.

Le Istituzioni ci invitano, per la prima volta, a partecipare a un importante atto della vita democratica cittadina e noi, tutti insieme, facciamo sentire la nostra voce senza paura, non lasciamoci sfuggire questa occasione.

Siete quindi TUTTI invitati, favorevoli o contrari al progetto, a partecipare alla NOSTRA assemblea pubblica indetta:

LUNEDI’ 16 MARZO 2009 ORE 21,00
SALA PARROCCHIALE S.ANTONIO DI BOCCADASSE Via Belvedere Firpo - Genova

Discuteremo su:
Tipologia d’impianto proposto (secondo la Sig.ra Sindaco trattasi di intervento nuovo e futuribile
E’ questo il volto nuovo che deve avere la città?)

Le Torri : Forma , posizionamento e altezze (La scelta della forma cilindrica è forse meno impattante di un’altra? Il posizionamento verso via Beretta delle torri penalizza solo una parte di edifici, nello stesso tempo la parte più bassa verso monte ha l’aspetto di un carcere, siamo ugualmente compatti nel contestare entrambe le strutture? L’altezza proposta delle torri non si allinea agli edifici circostanti, ma li sovrasta, quale sarebbe per noi l’altezza ideale?)

Verde Pubblico (da una prima analisi dei ns. tecnici il progetto propone una “aiuola-budello” centrale attorno alla quale prendere l’ora d’aria come nelle carceri.
Che tipo e quanto verde vogliamo?)

Porticati (i porticati proposti sono zone di passaggio dalla strada alla zona verde interna e fonti di pericolo per la sicurezza, quale altra soluzione possiamo proporre?)

Zone di aggregazione (abbiamo già la spiaggia di Boccadasse che è e rimarrà per sempre il nostro luogo d’incontro, abbiamo necessità di nuovi spazi aggregativi ?)

Servizi di quartiere (ci sono stati proposti asili, scuole elementari, palestra, comando dei vigili urbani, vogliamo uno di questi servizi o un altro?)

Parcheggi (i posti auto proposti sono 40 a rotazione . Cosa siamo disposti a sacrificare per averne di più?)

Flusso veicolare (le tre vie : Beretta – Boccadasse – Arnaldo da Brescia sono dimensionate per un flusso limitato alle residenze e s’immettono su due strade, Via Cavallotti e Via Caprera, che già oggi senza tale insediamento, risultano congestionate e in certi orari impercorribili. E’ forse necessario studiare un’altra percorribilità incidendo sui sensi unici?)

Spazi commerciali (le Istituzioni e i Costruttori ci avevano assicurato la NON presenza di spazi commerciali . Siamo favorevoli ad essi e se si, di che tipo di attività necessita il quartiere?)

Strategia e comportamento da tenere durante le assemblee pubbliche organizzate dalle Istituzioni.

Se non riusciremo a trattare tutti i punti, convocheremo una nuova assemblea pubblica, aspettiamo ed auspichiamo la Vs. collaborazione ed il Vs. concreto aiuto :
PARTECIPIAMO TUTTI !!!!!!

Il Secolo XIX 15/03/2009







giovedì 12 marzo 2009

Abitare e Vivere

I curatori del blog “Uniti per Boccadasse”, mi esortano a replicare alla lettera datata il 5 marzo 2009.

Accetto volentieri l’invito, anche per rettificare l’impressione che ha suscitato la mia posizione, solo apparentemente “radicale” e priva d’aspettative conciliatorie con il progetto e l’amministrazione. Tengo a precisare che la radicalità è solo suggerita dal linguaggio, che metodologicamente critico, può apparire inquisitorio e poco incline alla mediazione. Tuttavia, è necessario premettere che la storia dell’arte, o meglio, la critica d’arte, non presuppone punti di senseria. Se un’opera è valutata negativamente non è possibile ammorbidire il giudizio, né tanto meno giungere a compromessi. Detto ciò, visto che siamo ancora in una fase dibattimentale rispetto all’opera finita, penso che ogni intervento sia essenziale per la risoluzione del caso. Un altro aspetto che desidero chiarire è la supposta incomprensione con l’amministrazione e invito a non confondere i moniti con le accuse. Giunti a questo punto è palese che la critica sia esclusivamente indirizzata al progetto e di conseguenza all’archistar Botta, la cui storia professionale e le sue creazioni, denunciano senza indugio la sua estraneità all’edilizia residenziale e all’ideazione urbanistica.
A difesa di quest’atteggiamento allora, pongo a confronto la realizzazione da parte di Riccardo Bofill dell’edificio sito nell’antica darsena di Savona, che pur reputandolo in ogni caso sovradimensionato, si pone nel contesto con elegante leggerezza ed è da considerarsi un ottimo caso d’architettura contemporanea. Questo è solo uno dei molteplici esempi, il primo che mi passa per la mente, che è per voi visibile a pochi km da Genova e se paragonato con l’intervento boccadassino o quello sarzanese concepito da Botta, offre un immediato spunto di riflessione e determinazione critica. Nella mia lettera indicai come presunzione progettuale le altezze, ma è la qualità dell’opera che contrasta con i miei punti di vista e la realtà del territorio, tanto da esprimere il mio dissenso ad alta voce, sicuro di trovare piena condivisione. Seguendo quest’analisi, si scopre che è l’errore di sistema e di metodo con cui si è concepita la riqualificazione dell’ex rimessa a generare il dibattito, nel senso che un’ingerenza di questa portata (9000 mq) comporta da parte dei committenti e dell’amministrazione il vaglio di molteplici autori e filosofie, avendo quale obiettivo la qualità dell’edificare, in linea con le moderne istanze e precisi studi ambientali e urbanistici, tesi a tutelare il paesaggio, la coerenza volumetrica del suo tessuto, dei punti di vista prospettici, il rispetto degli abitanti e dell’arte. Ora mi sembra chiaro che questa prassi non sia stata assolutamente rispettata e che la realtà odierna richieda delicatezze e attenzioni imprescindibili quando si desidera rinnovare un quartiere, perché di questo si tratta. Allora è altrettanto normale che le persone di buon senso s’indignino quando leggono le considerazioni teorico - estetiche del dott. Botta, le sue caliginose teorie sul progetto e la leggerezza con cui descrive gli edifici e l’ambiente circostante l’area edificabile, caratterizzata tout court da palazzoni anni 70, quando al contrario, la zona presenta uno spettro di tipologie abitative assai più ampie e in molti casi di contenute dimensioni. La mia impressione è che l’apparente incomunicabilità fra le rispettive parti in causa e le critiche all’architettura partecipata, siano da ricercare nella sciatta gestione con cui s’inaugurano le “riqualificazioni”. Posto che nessuno di noi desidera ostacolare qualsivoglia costruzione, il nucleo della controversia si pone semplicemente fra la buona architettura e la pessima, tenendo bene a mente che stiamo misurando un intervento di notevolissime proporzioni, nel centro di un quartiere delicato, che non è possibile sbrigativamente licenziare con le banalità pronunciate dal dott. Botta, ne trascurando serie e imprescindibili disquisizioni d’ordine estetico. L’opera dell’archistar Botta è deprecabile, tanto da suscitare la volontà d’infrangere il linguaggio critico, usando il termine vomitevole, provando un forte senso d’irritazione, il medesimo che si prova al cospetto della disonestà intellettuale. Vorrei in questa sede sollevare un altra domanda, che è squisitamente di natura economica: i committenti sono obbligati a stimare un notevole sviluppo di metri cubi a causa dell’alto prezzo pagato per il terreno, spingendo così al massimo tutti i processi speculativi? A questo proposito desidererei leggere una relazione stilata da un professionista, con cifre e relativa glossa, per comprendere se l’eccesso edilizio sia cagionato da un peccato o un errore originale. Giunti a questo punto desidero concludere il mio scritto enunciando che sul terreno dell’ex rimessa si costruisca con la dovuta consapevolezza e che il prodotto sia un ottimo esempio contemporaneo d’architettura residenziale, che porti rispetto al decoro, alle visuali, agli abitanti e all’armonia di contesto e del paesaggio, quindi che la cultura dell’artefice e dei committenti corrispondano ai principi qui enunciati e si pongano con sincera volontà a valorizzare l’area, senza compromettere la propria professionalità e buon nome, prestandosi ad un’ennesima speculazione, con il desiderio che tutto il loro lavoro divenga esempio e argomento di libri di testo. A molti quest’affermazione potrà apparire sproporzionata, ma basta soffermarsi un attimo per rendersi conto che oltre al particolare, queste considerazioni sono alla base di sistemi collettivi che determinano la qualità generale dell’esistenza, perché una buona architettura genera una buona qualità della vita, è un baluardo contro la devianza sociale, il primo assioma per concepire il futuro dei nostri figli.



Antonio Gesino

mercoledì 11 marzo 2009

Meno Abitanti = Meno Case


Ho letto il post sul Blog di Preve. Il titolo è "- Abitanti + Case, la domanda oscena".
La domanda non è oscena, è scandalosa: "gli abitanti di tutta la Liguria diminuiscono per ovvi motivi anagrafici, perchè costruiamo ancora palazzi?" La domanda è scandalosa perchè, appunto come la verità, dà scandalo.
Che dire, io sono un ingenuo, e penso che la crisi demografica e anche quella economica siano una grande opportunità per pensare meglio a quello che stiamo facendo. Per me l'equazione giusta è - Abitanti - Case. Però io sono un ingenuo. Tanto da pensare che forse anche per la gronda un'altra soluzione sia possibile, che forse investendo nel trasporto ferroviario e incentivando con forti benefit fiscali il trasporto su autotreni nelle ore
notturne, le strutture viarie che abbiamo, magari ce la fanno. Forse decidendo di spendere soldi per mettere intelligenza nel trasporto con l'intermodalità, la triangolazione, l'incentivo a consumi legati a una produzione del proprio territorio (non è autarchia, è solo buon senso), forse ce la facciamo e spendiamo pure meno, non riduciamo le nostre montagne a gruviera ed evitiamo perfino di demolire le case di nostri concittadini, e forse evitiamo anche di costruirne di nuove altrove.
La vera grande opera che un'amministrazione pubblica potrebbe dirsi orgogliosa di lasciare alla collettività non è un ponte, una galleria o un palazzo. E' software, è informazione, qualcosa di talmente immateriale da rendere inutile e perfino grottesca l'esistenza di una nuova grande opera.
Nell'ultimo mese ho fatto molti Km di autostrada su e giù per l'Italia: non è che abbia proprio visto queste code interminabili di autotreni, anzi, rispetto a qualche anno fa ho notato un calo impressionante. Per dirla tutta si viaggiava bene sulle autostrade che già abbiamo (e teniamocele care).
Secondo me l'opzione zero ora esiste e una comunità degna di questo nome dovrebbe tentare di tutto per praticarla. Alla favola del buon tempo andato io non credo perchè un po' me lo ricordo, però a me non piace il mondo che ci stanno preparando e la domanda che mi pongo di continuo è se non mi piace perché sono vecchio o perché è sempre meno fatto per piacere. A me piace un mondo dove se la prima casa è quasi sempre una necessità, la seconda è quasi sempre una sciocchezza, un mondo dove il car sharing è la normalità, non l'eccezione, un mondo fatto di cittadini, non sudditi, una comunità che vuole essere protagonista e non si accontenta di essere complice. I nostri interlocutori non sono irresistibili: molti amministratori locali sono culturalmente impreparati, e la classe politica al governo nazionale è una specie di Punta Perotti delle istituzioni. Peccato non si accorgano, così facendo, di fare del male. Anche a loro stessi.

Paolo V.

martedì 10 marzo 2009

Zone Blu


Oggi ospitiamo l'intervento di Andrea Bisi che esprime alcune considerazioni sull'istituzione della zona blu nel nostro quartiere. A questo proposito io sono sempre molto scettico. La manovra mi sembra determinata dalla volontà di vendere tanti box ancora invenduti, tra cui i 200 e fischia che si costruiranno sotto la rimessa. Andrea è di parere diverso.

Ciao Paolo,
ti ringrazio per la cortese ospitalità, per cui non mi faccio pregare ad esprimere la mia opinione, partendo magari un po' da lontano.
I miei genitori abitano da quasi trent'anni anni in via Antiochia, una traversa di Corso Buenos Aires, zona dove il parcheggio è stato da sempre problematico.
Quando quattro o cinque anni fa l'amministrazione comunale vi introdusse le Zone Blu, l'innovazione fu accolta dai residenti con scetticismo e diffidenza. In generale si pensò all'ennesimo espediente per spremere soldi o, nel migliore dei casi, ad una iniziativa velleitaria di qualche assessore fissato con l'ambiente. Tuttavia, alla prova dei fatti, ci si rese conto che l'idea funzionava. L'occupazione dei parcheggi si diradava in modo sensibile, sparivano le auto in doppia fila e, a fronte del pagamento di un modesto canone annuo (euro 25,00), gli abitanti della zona acquisivano, se non la certezza, almeno un'alta probabilità di trovare il posto sotto casa. Anzi, chi aveva ipotizzato dispendiosi e complessi investimenti in aree da adibire a box, si rendeva conto che lo stato di necessità era venuto meno e tranquillamente abbandonava il progetto.
Oggi, se qualche amministratore pubblico proponesse il ritorno all'antico in quella zona, secondo me dovrebbe affrontare una rivolta di piazza. La controprova è data dal fatto che in molti quartieri sono nati comitati spontanei per l'adozione delle zone blu.
Questo è solo un parere personale e ciò che funziona in centro può non funzionare in periferia. Secondo me anche in Albaro sentiremo i benefici del provvedimento, sebbene in misura più contenuta. La situazione non è per questo destinata a peggiorare, visto che i più penalizzati saranno coloro che utilizzano il quartiere come zona di scambio per poi proseguire verso il centro con il mezzo pubblico.
A prescindere dall'interesse particolare di ciascuno di noi, trovo poi convincente anche l'impostazione teorica sottostante all'adozione delle zone blu, che riassumerei nei seguenti punti:
1) Consentire alla generalità delle persone di possedere un'auto e di parcheggiarla nei pressi di casa senza per questo dovere ricorrere all'oneroso acquisto di box;
2) Evidenziare che comunque il suolo pubblico comunale è una risorsa e, nel caso di Genova, una risorsa scarsa, per cui chi la utilizza deve in qualche modo remunerare la collettività, in modo simbolico quando l'utilizzo è sotto casa, ed in modo più incisivo quando invece si sposta;
3) Scoraggiare il trasporto persone in città su autovettura privata, fonte primaria di congestione ed inquinamento.
Per concludere, sono stato fortemente critico nei confronti di quest'amministrazione quando ha cercato di penalizzare noi vespisti, ma, almeno in questo caso, non mi associo al coro dei mugugni sul sito del Secolo XIX.
Nè penso si tratti di una manovra volta ad indurci all'acquisto dei box facenti parte del noto progetto Botta, su cui, a scanso di equivoci, ribadisco la mia totale personale consonanza con le idee del comitato.
A questo punto, con vivo interesse e benevola attenzione, attendo le considerazioni che vorrete esprimere in argomento.

Tanto cari saluti,

ANDREA BISI

Rassegna Stampa del 08/03/2009

lunedì 9 marzo 2009

Sarzana non deve cadere


Raccogliamo e diffondiamo volentieri l'appello degli amici di Sarzana che vivono giorni cruciali a causa di un dissennato progetto di riqualificazione urbana (questa storia l'ho già sentita).
Invito tutti i lettori del Blog a mettersi in contatto con loro per aderire all'iniziativa.

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Stiamo scrivendo a tutti coloro che hanno aderito al Comitato o mostrato grande interesse per quanto sta accadendo a Sarzana.
Il tempo stringe.

L'Amministrazione procede a passi rapidissimi. Commette atti di prepotenza negandoci le carte del progetto.
Malgrado ciò siamo ottimisti.
Il nostro ottimismo siete Voi, sono gli iscritti a Facebook, e coloro che non avendo internet ci hanno comunque in ogni modo fatto pervenire la loro adesione.
Smentiamo la voce che i Sarzanesi sono rassegnati. Scuotiamo il torpore e combattiamo la scarsa conoscenza di molti.
Solo il numero, in questo momento,
ci rende forti. (Ad oggi siamo 1393).
Per questo vi invitiamo a divulgare e a
raccogliere adesioni di parenti, amici, colleghi di lavoro, vicini di casa. NON ABBIAMO BISOGNO DELLA TORRE DI CONTROLLO,
Leggete loro l'appello del nostro portavoce qui allegato,
raccogliete il loro nome cognome residenza indirizzo e-mail e/o numero di telefono professione e mandatecelo via mail entro il più breve tempo possibile.

Il Comitato Sarzana Che Botta

Dal confronto alla protesta.
Sapevamo che dall’incontro al Moderno non avremmo raggiunto l’obiettivo di impedire
l’approvazione definitiva del piano urbanistico. La battaglia è ancora dura. La giornata è comunque ben riuscita. Abbiamo incassato l’assenso di Botta (d’accordo al 90 per cento sulle nostre osservazioni; disponibilità a levar le tende se non incontra il favore della popolazione; la
dichiarazione di aver eseguito un compito assegnato, ma che con quelle volumetrie non si può far di meglio!). E forse abbiamo inserito qualche dubbio in più o consolidato maggiormente dubbi
preesistenti. Ora loro procederanno verso questo delirante progetto in cui neppure Botta crede. Nel senso che capisce benissimo che non è il contesto adatto. La vallata non è l’Asia (cui lui ha fatto riferimento parlando dei veri grattacieli rispetto alla nostra “torretta”) né la lunghissima costa incontaminata di Atacama (deserto del Cile) dove la sua torre potrebbe servire egregiamente come faro.
Dobbiamo organizzare una lotta un po’ più pesante. Abbiamo bisogno di potenziare molto gli
aderenti, non solo via internet, ma raccolti tra gente di qui, chi non ha computer in casa, chi non sa inviare sms, spiegando e persuadendo. Un modo è quello di poterci impegnare ciascuno
coinvolgendo personalmente amici, famiglie, conoscenti con locali pubblici, che possano fare
proseliti tenendo le liste di adesione sui banconi. Dobbiamo preparare manifesti con cui riempire la Città (ma anche Spezia). Noi ci autotassiamo e paghiamo qualcuno che faccia volantinaggio. Prima di decidere altre misure di protesta dobbiamo in una settimana fare un balzo in avanti raggiungendo 2000 iscritti. Solo la paura del voto e del casino li può ancora fermare.
RM


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sarzanachebotta.blogspot.com (leggete le ultime notizie)

sabato 7 marzo 2009

Un altro modo è sempre possibile


Oggi pubblichiamo un contributo di Antonio Gesino. Chi di noi lo conosce sa che Antonio, apprezzato storico dell'arte, ha posizioni molto radicali sul futuro dell'area della rimessa. Purtroppo le sue idee non vanno d'accordo con quelle dell'Amministrazione. Ci piace sentire cosa dice e sperare che una mediazione sia possibile.

E' obbligatorio cominciare il mio intervento con una citazione - imprecazione di Tom Wolfe, "Maledetti Architetti", dove l'autore esprime quanto l'architettura si è distaccata pericolosamente dalla vita quotidiana, diventando egocentrica e teorica, ma soprattutto, sempre più allineata con la politica, non quella della buona amministrazione pubblica e del vivere civile, ma quella di un dissennato impulso ad ottenere risultati economici, adottando modalità d'intervento e gestione specifici dei soggetti privati. Per queste ragioni l'architetto è diventato "maledetto" e i progetti ne riflettono tutti i difetti e le incompatibilità. Che il dott. Botta è una celebrità dell’architettura contemporanea, non cambia assolutamente il giudizio critico complessivo sul progetto attinente all’ex rimessa di Boccadasse e basta osservare le planimetrie tridimensionali, per rendersi conto di quanto è invasivo e sovradimensionato rispetto al contesto. È altrettanto stupefacente come l’architetto affermi di aver accuratamente evitato di ricalcare “l’idea dei palazzoni anni Sessanta – Settanta, che per altro sono al margine”, trascurando che la sua filosofia costruttiva ricalca quella degli edifici anni Ottanta, non certo migliori e di minor impatto. L’analisi delle forme e dei volumi, oltre ad evidenziare i gravi difetti prima enunciati, evidenziano che le altezze sono ben oltre i limiti delle case vicine e si comprende come la procedura progettuale è il frutto di una visione del territorio dall’alto (anche dal punto di vista emotivo e intellettuale), studiato e valutato su delle planimetrie. Nell’articolo di Repubblica – Lavoro di sabato 28 febbraio, si evince un’altra anomalia non trascurabile, o meglio, una totale inconsapevolezza e non conoscenza dell’urbanistica locale da parte del dott. botta, che immagina le sue costruzioni in “mattone molto chiaro, rosato; anche una pietra dai colori pallidi, in ogni caso una materia naturale, che abbia un dialogo di facciata con il verde”. Queste affermazioni se prese alla lettera possono apparire inappuntabili, specialmente nell’eventualità che il lettore sia disinformato sulla reale caratteristica urbana del quartiere, che tuttavia non confina con nessun parco o zone verdi. Bisogna poi ricordare che a Genova non esiste la tradizione del mattone, il laterizio non appartiene alla cultura ligure, quindi oltre alle eccessive dimensioni dell’intervento si somma la sua spiccata visibilità e tutta la sua bruttura. Se fino adesso ci siamo limitati a valutare gli aspetti estetici, si deve ricordare che un centinaio d’appartamenti e più di 200 posti auto con entrata in via Fausto Beretta, costituiscono un’alterazione rilevante dei già precari equilibri sociali e del traffico automobilistico, componenti queste, che l’amministrazione e il progettista non possono trascurare. Detto ciò, stupisce ma non sorprende, che l’architetto non valuti quale progetto migliore quello che mantiene i volumi e le altezze (specialmente quest’ultime) della costruzione odierna, che oltretutto consente risoluzioni abitative di gran fascino e potenzialità. Basti considerare come attorno all’edificio possano scorrere i giardini degli appartamenti posti al pian terreno e che sul tetto si possano immaginare i terrazzi degli alloggi posti all’ultimo piano, creando un impatto ambientale ed estetico per nulla invasivo e pienamente condivisibile dagli abitanti del circondario. Capisco che l’archistar ne soffre, ma se per una volta riuscisse a controllare i suoi istinti di libido dominandi ed egoriferiti, sfruttando le sue competenze, potrebbe raggiungere un eccellente risultato, portando rispetto agli abitanti ( che non ragionano con egoismo), il territorio e specialmente, all’arte a cui presta servizio. Come storico dell’arte non posso appoggiare il disegno e la mentalità dell’architetto Botta ed esprimo questo giudizio critico senza opacità e le riserve che porto alla categoria, che negli ultimi decenni ha sfigurato e svilito questo paese e ha ancora l’ardire supponente che “ad esser bravi si può costruire anche in piazza San Marco…”.

Boccadasse non è Venezia, ma il pensiero criminale è il medesimo e a questo proposito mi avvalgo di citare l’articolo 5 dei “14 reati paesaggistici” e le regole per costruire un paesaggio migliore: Edifici fuori scala o in forte contrasto con i caratteri dell’edilizia tradizionale locale. La qualità delle nuove costruzioni che introducono tipologie edilizie che rompono le proporzioni tradizionali dell’insediamento storico introducendo altresì modelli e disegni architettonici omologanti e di forte impatto sul paesaggio” ( a cura di Italia Nostra, in V. Sgarbi, Un paese sfigurato. Viaggio attraverso gli scempi d’Italia, Milano 2003, pp. 121 – 125).

Antonio Gesino

venerdì 6 marzo 2009

Parli come badi


All'assemblea pubblica di lunedì scorso ne abbiamo sentite dire e ce ne siamo sentite dire (qualcuna l'abbiamo detta anche noi) di tutti i colori. Però una cosa non possiamo sicuramente accettare. Non possiamo accettare di esserci sentiti dire che noi ora abitiamo in un quartire squallido. Eh no, cara signora, Lei si sbaglia di grosso. Non è vero che noi abitiamo in un quartiere squallido, e non sarebbe vero neanche se noi abitassimo a Begato o alle lavatrici di Prà (che tra l'altro conosco bene e ne saluto gli abitanti). La verità è che il luogo dove si hanno gli affetti non è mai squallido, anzi è il più bel posto dove vivere. E chi non ha capito questo, sarà anche un acrobata dell'architettura, ma umananamente ha lacune inarrivabili.

Paolo V.

Rassegna Stampa

Il Secolo XIX - 06 Marzo 2009




Corriere della Sera - 5 Marzo 2009

giovedì 5 marzo 2009

Si fa presto a dire porticati



Lunedì scorso abbiamo partecipato numerosi all'Assemblea Pubblica di presentazione del nuovo progetto. Il nervosismo era palpabile e ha fatto capire a tutti che se sono piccoli i margini di trattativa verso le posizioni del quartiere che è arrivato in maniera provocatoria e rumorosa a chiedere di riavere la propria rimessa, anche dall'altra parte l'accoglienza gelida deve aver messo sull'avviso Architetto e Istituzioni.
Onore a Botta che ha avuto il fegato di presentarsi di fronte a un'assemblea ostile e tenere il punto delle sue posizioni per due ore filate. Ci rammarichiamo che le legittime istanze personali emerse durante l'incontro abbiano fatto passare in secondo piano temi più generali per il quartiere. Il Comitato si fa carico di questa mancanza. E' mancata da parte nostra una sufficiente comunicazione preventiva al quartiere. Bisogna dire che, purtroppo non siamo neanche stati messi in grado di attuarla: a che scopo fare un'assemblea di quartiere quando il tuo interlocutore non ti ha fornito alcun elemento su cui discutere?
Questo però dovrebbe fare riflettere tutti sull'opportunità di condividere al meglio le informazioni: meglio avere di fronte cittadini arrabbiati e preparati, piuttosto che un'assemblea confusa e impaurita (e arrabbiata).
Solo una piccola nota da profano s'intende, sui porticati profusi nel nuovo progetto: qui, per ora, abbiamo solo un porticato di 4 metri X 4, poca cosa naturalmente. E' riprodotto nella foto in un giorno qualunque. E per chi ancora avesse dei dubbi, sì, quella macchia è proprio vomito a seguito di sbronza.

Paolo V.

mercoledì 4 marzo 2009

Filmati dell'Assemblea

Botta presenta il progetto all'assemblea




TG3 Regione (ore 24 del 02-03-09)

lunedì 2 marzo 2009

Rassegna Stampa del 02/03/2009

La Gazzetta del Lunedi'




Il Secolo XIX